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gione, disse il Piovano:
 Che avete voi? Ogni dì non fate se none gridare da
uno tempo in qua.
Risponde il padre:
 Piovano mio, se voi lo sapessi diresti io avessi ragio-
ne.
E stando in questa contesa, il padre del garzone disse:
 Piovano, io non ve lo posso dire.
Rispose il garzone:
 Piovano, vogliovelo dire io: mio padre abracciò for-
se mille volte mia madre quando era viva, e ora che io ho
abracciato questa mia matrigna qualche volta, e questo
mio padre mette a romore ogni dì questo vicinato.
Disse il Piovano:
 Non fate più romore. Lo abracciarsi l uno con l al-
tro non viene se non da carità: ognuno di voi pigli il con-
tento suo e d accordo non fate più contesa, acciò veruno
non abbi a intendere i fatti vostri, e per lo avvenire vo-
gliate essere savi  .
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Motto CXXXVIII: [quello che disse el Piovano ad uno che lo
passò a dosso detto ebbe messa].
Quando alle Schiuse, porto di Bruggia, [città] opu-
lentissima, ricca e mercantile, vengano i navigli, né con
nave, né con ischifi si può iscendere in terra: per la bas-
sezza della acqua fa di bisogno che vi istieno infiniti ba-
stagi per portare gli uomini e robe in terra, e sempre vi
se ne truova infinita moltitudine e con certi istivaloni in
piede.
Letteratura italiana Einaudi 196
Motti e Facezie del Piovano Arlotto
Essendo portato il Piovano Arlotto da uno di quelli
da terra al navilio, disse:
 Tu mi doveresti avere portato in dono, perché santo
Cristofano benedetto portava le genti e passavale i fiumi
per lo amore di Iesu Cristo e non voleva né danari, né al-
tro da persona, ed ebbe tanta grazia che egli passò Lui e
fugli tanto accetto che egli guadagnò il reame del cielo.
Or pensa che guadagno tu hai fatto in questo dì, ché ora
hai passato Iddio e me che l ho addosso, perché egli è
poco ch io mi comunicai alla messa.
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Motto CXXXVIIII, [d uno certo cittadino salvatico vicino alla
pieve].
Era uno certo cittadino salvatico vicino del Piovano
Arlotto e ogni dì e ogni ora non restava d accattare da
lui danari o roba, quando masserizie.
Questo giuoco era di dì e di notte, che mai non aveva
fine: conosceva essere il Piovano d una somma bonità,
ché mai non li contradiceva cosa nessuna o disdiceva.
E pure uno giorno gli venne tanto in fastidio, ché
mandò a lui per uno paio di brache; ed egli gliene negò e
disse:
 Io credo che oramai io gli arò a prestare il culo per
cacare.
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Motto CXL, di carità.
Andando per li nostri paesi o contadi uno castratore,
capitò nel popolo del Piovano Arlotto.
Dice il Piovano a uno contadino suo lavoratore:
 Martino, io intendo che quello medico fa di belle
cure: ché non fa tu conciare il garzone tuo?
Letteratura italiana Einaudi 197
Motti e Facezie del Piovano Arlotto
Risponde Martino:
 Per cagione io non ho il modo a tenere il maestro in
casa né pagarlo; sapete io ho carestia del pane.
Risponde il Piovano:
 Il torto ho io; tu hai bisogno d aiuto e io ti consiglio:
mandamelo a casa.
Venuto il garzone amalato, mandoe per quello medi-
co; e fatto mettere il garzone nel letto del suo fattore, lo
fece conciare e cavàgli uno testicolo e fecelo diligente-
mente curare, e dette le spese il Piovano al medico, al fa-
miglio e allo infermo e alla cavalcatura: circa d uno mese
pagò il medico e le medicine di suo.
Veduto il medico tanta grande carità nel Piovano, di
quattro ducati doveva avere di patti fatti non ne volle se
non dua dal Piovano e gli altri dua gli lasciò per Dio.
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Motto CXLI, di pietà.
Viene il Piovano Arlotto in Firenze e a caso ragiona di
questo medico, come è così buono maestro, a bottega di
Mariano maniscalco; il quale aveva uno povero giovane
istava con lui e dice:
 Piovano, io arei bisogno di lui, ché io sono guasto
da uno lato, ma io non ho il modo: istò qui con Mariano
a salario e ho lire sessanta l anno da lui con le quali ho
da vivere e a calzarmi e a vestirmi.
Mosso il Piovano da pietà, si fece venire a casa il gio-
vine e fecelo curare a tutte sue ispese, come quello di so-
pra.
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Motto CXLII: [il nome del cane].
Truova uno contadino uno bello cane in Firenze e va
a trovare il Piovano e dicegli il fatto, e poi dice:
Letteratura italiana Einaudi 198
Motti e Facezie del Piovano Arlotto
 Io vorrei me gli ponessi uno bello nome.
Disse il Piovano:
 Che nome vòi tu che io gli ponga? Quand io battez-
zo, voi me gli insegnate a me che nome v ho io a porre.
E pure costui lo  nfestava di questa imposizione, ven-
nelli tanto in fastidio; e pure costui domandando, disse
il Piovano:
 Po gli nome «il cacasangue che ti venga»: e non ba-
sta ch io battezzo e pongo i nomi mi dite, che volete an-
cora io ponga ai vostri cani.
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Motto CXLIII, [dello stare alla taverna).
Il Piovano Arlotto era con dua suoi compagnoni di
galea a fare carità alla taverna; uno era maestro Antonio
calafato e l altro Francesco di Manetto speziale.
Arrivavi uno suo amico e dice:
 O Piovano, che fate voi qui alla taverna?
Risponde:
 Io osservo il detto di Cristo che dice: In ore duorum
vel trium stet omne verbum. Vedi che non sono più di
dua, e io tre; ho a memoria quello che grida santo Paulo,
per tutta la Scrittura santa non dice altro se non carità.
Vedi che qui non ci abbiamo condotto la golosità, ma
proprio la carità. Ubbidisco a comandamenti di mio pa-
dre. il quale mi comandò e dettemi molti precetti, tra
quali mi ammunì che io vivessi con misura: questo boc-
cale è misurato, e questo pane è appunto nove once.
Non fo male alcuno  .
Letteratura italiana Einaudi 199
Motti e Facezie del Piovano Arlotto
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Motto CXLIIII: [risposta del Piovano Arlotto fatta ad uno cava-
liere el dì inanzi morissi].
Inteso uno potente cavaliere d età di più che d anni
.LXXV. come il Piovano s era ammalato d una repentina
e subita malattia gli era sopravenuta, lo mandò a vicitare [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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