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fossero dei mandanti, al Marchica diede l'angosciosa certezza della autenticità: e anzi
nemmeno per un istante ne dubitò, la voce del brigadiere che leggeva il documento
adattandosi come colonna sonora alla muta visione di cui, attraverso la finestra, era
stato spettatore.
Sconvolto, accecato da una collera che, ad avere tra le mani il Pizzuco, si sareb-
be manifestata spegnendone la infame vita, dopo un lungo silenzio disse che, metten-
dosi così le cose, a lui restava da fare quel che fece Sansone «mori Sansuni» disse
«cu tuttu lu cumpagnuni»: ristabilendo, si capisce, nella loro verità i fatti che quel lu-
rido cane aveva a modo proprio raccontato.
Un incontro, un primo incontro dopo tanti anni, col Pizzuco c'era stato: a B., nei
primi di dicembre dello scorso anno. Il Pizzuco gli propose di far fuori il Colasberna
che, disse, gli aveva fatto terribile offesa. Come compenso, trecentomila lire. Il Mar-
chica, poiché da pochi mesi era stato dimesso dal carcere, e voleva godere un po' di
serena libertà, disse che non si sentiva. Ma poiché si trovava in bisogno e il Pizzuco,
insistendo, gli fece balenare la possibilità di un acconto immediato e gli promise per
dopo, ad impegno assolto, il saldo della somma pattuita e un impiego come campiere
in aggiunta, il Marchica cedette: solo per il fatto, era bene ripeterlo, che si trovava in
condizioni di bisogno. Terribile è il bisogno. Furono dunque stabilite, col Pizzuco, le
modalità per eseguire il delitto: impegnandosi il Pizzuco a concorrere facendogli tro-
vare l'arma in una casa di campagna di sua proprietà dove il Marchica, la notte pre-
cedente all'esecuzione del delitto, si sarebbe dovuto recare. Dalla casa di campagna,
non lontana dal paese, il Marchica avrebbe dovuto, seguendo un itinerario prestabili-
to, appostarsi allo sbocco di via Cavour, all'ora di partenza del primo autobus per Pa-
lermo, poiché ad ogni sabato, con quell'autobus, il Colasberna usava recarsi a Paler-
mo. Eseguito il colpo, il Marchica avrebbe dovuto velocemente fuggire per la via
Cavour e tornare alla casa di campagna del Pizzuco, dove costui sarebbe poi venuto a
prelevarlo per ricondurlo, in macchina, a B.
Il Marchica, giorni prima del delitto, si recò a S. per prendere visione dei luoghi
in cui avrebbe dovuto agire e per essere in grado di identificare senza possibilità di
equivoci il Colasberna. In quell'occasione, il Pizzuco fissò la data dell'omicidio.
Il 16 gennaio, alle sei e trenta, il Marchica uccise, in ogni particolare eseguendo
il piano preparato dal Pizzuco, Salvatore Colasberna. Ma ci fu un intoppo nell'incon-
tro, a metà della via Cavour, mentre il Marchica fuggiva, col suo concittadino Paolo
Nicolosi: il quale nettamente lo riconobbe, e anzi lo chiamò per nome. Ne ebbe in-
quietudine: e questa sua inquietudine comunicò al Pizzuco quando, subito dopo,
venne a raggiungerlo nella casa di campagna. Il Pizzuco si agitò, bestemmiò; poi,
calmatosi, disse «non ti preoccupare, ci pensiamo noi». A bordo di un camioncino di
sua proprietà, il Pizzuco lo accompagnò fino alla contrada Granci, a poco meno di un
chilometro da B.: ma prima gli consegnò, a saldo, altre centocinquantamila lire, che
con quelle dell'anticipo facevano le trecentomila pattuite.
Qualche giorno dopo, venuto il Pizzuco a B., il Marchica seppe che riguardo al
Nicolosi non avrebbe più dovuto nutrire preoccupazione alcuna, essendo ormai, così
testualmente si espresse il Pizzuco, buono solo a far trovare i pupi di zucchero ai
bambini: riferendosi al costume del luogo di una specie di befana ai bambini nella ri-
correnza del giorno dei morti; con doni, appunto, di pupi di zucchero. Da tale espres-
sione del Pizzuco, il Marchica ebbe la certezza che Paolo Nicolosi era stato soppres-
so.
A domanda, se il Pizzuco agisse per conto di altri dandogli il mandato di uccide-
re il Colasberna, il Marchica dice di non saperlo: ma, a sue opinione, lo esclude. A
domanda, se la frase «non ti preoccupare, ci pensiamo noi» detta dal Pizzuco non e-
sprima la partecipazione e il concorso di altri, ignoti al Marchica ma complici del
Pizzuco, il Marchica dice di escluderlo, e anzi afferma di non potere in coscienza
precisare se il Pizzuco abbia detto «ci pensiamo noi» oppure «ci penso io». A do-
manda, se ha cognizione o sospetto del modo e del luogo in cui il Nicolosi è stato
soppresso, dice di non sapere.
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